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Articolo della socia CRE Lucia Larese: https://www.meer.com/it/73059-quando-e-ora-di-dormire-dot-dot-dot-non-tergiversare
Molte persone passano la loro vita andando a letto quando non hanno sonno ed alzandosi quando ce l’hanno.
(C. Adams)
Ogni persona ha un suo personalissimo modo di relazionarsi con il tempo dedicato al sonno e al riposo. Per qualcuno sono sufficienti 5 ore a notte mentre per altri le canoniche otto sono adeguate, se non perfette, per ricaricare le proprie batterie interiori. Negli ultimi anni, tuttavia, gli esperti registrano un fenomeno abbastanza diffuso che viene definito Bedtime Procrastination (Ritardare l’ora del sonno): un atteggiamento psicologico che spinge la persona a ritardare inutilmente e volontariamente il momento in cui va a dormire, pur consapevole che prevedibilmente questo comporterà una durata del sonno più breve, una qualità del riposo peggiore e un senso di maggiore fatica durante il giorno successivo. Diverse ricerche, anche recenti, hanno riscoperto e sottolineato la vitale importanza, per il buon funzionamento del corpo, di una regolare alternanza, fra il riposo e l’attività, scandita dal ritmo circadiano.
Di che si tratta esattamente? Non essendo un’esperta in materia, semplificando, posso dire che si tratta di un processo biologico, una sorta di orologio interno all’organismo, presente in ogni cellula del corpo umano, programmato per attivare o disattivare i geni in diversi momenti del giorno o della notte. Il Dr. Satchin Panda, esperto in materia, definisce una specie di ritmo «primordiale e inesorabile» presente in ognuno di noi.
La cadenza con cui svolgiamo le azioni della nostra vita di tutti i giorni influenza ogni aspetto della salute: dal peso e dai livelli di energia fino alla resistenza alle malattie e alle infezioni. In sintesi, il nostro corpo è una macchina perfetta, programmata per attivare e disattivare processi, a seconda dei momenti della giornata.
Ne consegue che, quando si alterano tali processi, ne risente sia il fisico sia la parte psicologica e spirituale dell’essere umano. Per questo motivo è di rilevante importanza consentire al corpo di riposare, di rilassarsi e così disinnescare quei processi ansiogeni che Shakespeare, poeticamente, definisce nel Macbeth: «il sonno che dipana la matassa imbrogliata dell’ansia».
Al fine di godere di una buona salute fisica e mentale, comprendere l’importanza dei ritmi circadiani e dell’alternanza sonno veglia (riposo vs attività) è fondamentale, a prescindere dall’attività che svolgi. Risulta essere ancora più importante se soffri di insonnia o di una malattia cronica; se hai tentato ogni tipo di dieta senza successo, ritarare i tuoi ritmi vitali sul ciclo circadiano potrebbe dare risultati sorprendenti, come afferma lo stesso Dr. S. Panda.
Una carenza di sonno occasionale o per un numero molto limitato di notti, provoca una sensazione di stordimento nei giorni successivi. Non dormire a sufficienza per un tempo prolungato può causare, a lungo termine, problematiche di salute e provocare squilibri a vari livelli: deficit del sistema immunitario, capacità di concentrazione, sbalzi di tono dell’umore senza menzionare il rischio di sviluppare problematiche croniche come malattie cardiache e ipertensione.
Rimanere svegli fino a tardi senza un vero perché e svegliarsi al suono della sveglia già stanchi e affaticati, senza una motivazione plausibile, scarica i livelli energetici del corpo e rende difficile attuare modifiche nel proprio stile e approccio alla quotidianità. Viene a mancare la lucidità necessaria, l’energia e la chiarezza per entrare in contatto con sé stessi e portare avanti cambiamenti duraturi nel proprio stile di vita.
Se soffri di BP la sera e vuoi liberartene ecco alcuni consigli per contrastare questa abitudine che, a lungo andare, diventa nociva.
Prendi un impegno con te stesso: stabilisci l’ora di andare a letto e prova a rispettarla per almeno una settimana. Definisci quale può essere quella giusta per te e lascia andare, per sempre, il tuo intrinseco desiderio di allungare la giornata in modo velleitario, rubando tempo al sonno.
Dietro questa abitudine di procrastinare il momento di spegnere la luce si cela un’insoddisfazione su come hai trascorso il tuo tempo. Quando sei appagato dalla tua giornata, hai fatto sport o semplice movimento e hai potuto nutrire la tua parte interiore facendo qualcosa che ti piace veramente, sono sicura che le palpebre si abbasseranno spontaneamente, consegnandoti dolcemente al ritmo naturale del riposo notturno.
Una mezz’ora prima dell’ora stabilita (o anche più) concediti una specie di “routine” di accompagnamento al sonno. Crea la tua speciale modalità e seguila per almeno una settimana. Spegni ogni schermo (televisione, tablet, smartphone), metti una musica rilassante. Scrivi l’elenco delle cose che ti sono rimaste da fare e fai una lista: affidare ad un bloc notes le incombenze rimaste, scarica i pensieri e le ansie sulle cose non fatte e quelle in sospeso e aiuta ad assegnare una priorità alle cose da fare. Domattina riprenderai da dove sei arrivato oggi.
Potresti aver voglia di farti un bagno caldo, bere una tisana, fare qualche lento esercizio di stretching o di respiro profondo prima del sonno. La tua routine della buonanotte potrebbe svelarsi un modo gradevole per occuparti di te, molto più che rimanere incollato allo schermo blu fino allo stremo dell’energia mentale.
Qual è il meccanismo mentale che spinge le persone a ritardare il momento del sonno? Gli esperti hanno individuato un fenomeno, determinato dal recente mutamento dei canali attraverso cui si sviluppano e mantengono le relazioni nella società occidentale, che faciliterebbe l’emergere della Fear of Missing Out (FOMO), ovvero la paura di rimanere tagliati fuori o perdere qualcosa di importante. Sembra un paradosso: in una società super-connessa, le persone temono di essere escluse, quasi estromesse dagli eventi ritenuti rilevanti dalla socialità.
Gli esperti hanno evidenziato due aspetti principali che connotano la FOMO:
il desiderio persistente di essere in contatto con gli altri attraverso i social network per il timore di perdere qualche notizia quando si è lontani dal cellulare;
il disagio creato dal pensiero che altri possano avere esperienze piacevoli e gratificanti alle quali non si partecipa. Questo determina un malessere: l’individuo si sente invadere da un senso di perdita, esclusione, invidia se non risentimento.
Emerge dunque che, in una società in cui siamo subissati da mezzi di comunicazione, messaggi e informazioni, l’individuo soffre di mancanza di relazioni che gli garantiscano un senso di appartenenza e appagamento, incapace di vivere momenti in solitudine, con sé stesso, dai quali sente di dover fuggire o scappare per forza. Come se la persona esistesse soltanto quando è connessa e in relazione con gli altri.
Di conseguenza, difficilmente riuscirà ad acquisire autonomia e a dare un valore a ciò che prova in prima persona, senza curarsi se l’ha o meno condiviso sui social.
Ecco alcuni segnali che ti possono svelare se sei vittima di questa paura:
Credo che la risposta sia insita nell’atteggiamento che si ha nei confronti della vita. Quando impari a dedicare del tempo di qualità a te stesso, mettendo in programma le attività che ti piace fare, a prescindere se sono considerate cool e apprezzate dagli amici social, potresti scoprire, un po’ alla volta, che la socialità che vivi sui social è solo un aspetto e la tua vita di tutti giorni potrebbe diventare molto più ricca e appagante se coltivi quelle parti di te che sembrano dimenticate.
Alla fine l’antico proverbio “Vegliare alla luna e dormire al sole non fa né pro’ né onore” potrebbe rivelarsi veritiero, in quanto, nel momento in cui sposti l’attenzione dai social alla tua vita e provi a migliorarla potresti scoprire di aver iniziato un viaggio affascinante verso il tuo benessere, pieno di piacevoli sorprese.
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